“Due porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi, con il calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto però, sentirono il dolore delle spine reciproche che li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme si ripeté quel malanno, di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione” (SCHOPENHAUER,Parerga e Paralipomena)
Stare in coppia significa danzare tra la lontananza e la vicinanza, la paura dell’abbandono e il coraggio dell’autonomia, l’incanto e il disincanto, il capire e il sentire, la rigidità e l’elasticità…
Ma adesso la situazione è ribaltata: la coppia si colloca in uno solo dei due poli da cui non può più muoversi. La danza, improvvisamente, senza nessun preavviso, si è fermata.
Ci sono coppie “troppo” lontane, che vivono in luoghi diversi, e coppie “troppo” vicine, costrette in uno stesso spazio per tutto il giorno senza avere più la possibilità di svolgere le abitudini quotidiane di lavoro e di relazione.
Guardiamole assieme.
La prima sensazione delle coppie troppo lontane è di freddo, conseguente al DISTACCO EMOTIVO che si subisce.
Emerge in modo prevalente emerge la paura di non ritrovarsi come ci si era lasciati: come saremo quando ci rincontreremo, le cose che avevamo costruito resteranno? o si perderanno? saremo estranei, non ci riconosceremo più una volta usciti da questo incubo?
La fantasia si scatena: pensieri di perdita e di abbandono impediscono la concentrazione su quanto si sta facendo “qui” e “ora”.
Il desiderio è privato del suo obiettivo, l’attesa è privata del suo tempo: non posso ottenere ciò che desidero e non posso neppure aspettarlo perché non so per quanto tempo questa attesa si dilaterà.
Il contatto fisico che non può esserci viene sostituito con il controllo: punteggiamo le nostre giornate “in parallelo”. Ogni secondo, in modalità remota, ci parliamo, ci vediamo, organizziamo la nostra giornata assieme.
Ci chiediamo continuamente rassicurazione reciproca sul nostro volerci bene: ogni messaggio che non mi arriva è una possibile ferita, un probabile abbandono e la paura cresce a dismisura e diventa angoscia. E allora attiviamo il controllo. Ma più controlliamo e più forte emerge l’angoscia, fino a stringerci in un circolo vizioso da cui non riusciamo più a venirne fuori.
La prima sensazione è il vivere una condizione di SOVRACCARICO EMOTIVO.
Il senso del limite salta: gli spazi, troppo ristretti, si sovrappongono, i tempi, troppo lunghi , si dilatano e non hanno più confini. Non ci sono più ritmi, sequenze, successioni a scandire il tempo, ma solo un presente avulso dal passato e con il futuro incerto. Il tempo, da esterno, cronologico, diventa interno, psicologico. I modi di esprimersi nei diversi i ruoli sono venuti a mancare. L’identità non è più definita in modo molteplice e complesso dal nostro lavoro, dalle nostre relazioni, dai nostri sport, dai nostri hobbies ma da un’unica dimensione: quella del partner.
Chi, fino a quel momento, aveva finto, deve togliersi la maschera: lo spettacolo non può durare troppo a lungo. Possono emergere tensioni che erano rimaste sopite, coperte dai ritmi assordanti e frenetici della vita di tutti i giorni. Tutte le finzioni quotidiane escono inevitabilmente allo scoperto. Quanto si era cercato di evitare o nascondere ora emerge: perché siamo sempre e solo noi, la casa è piena di specchi in cui si infila il nostro sguardo e indugia, fermo nel tempo e nello spazio.
E allora le parole diventano pietre che ci colpiscono, rimbalzano, ci denudano, ci tolgono le difese che ci eravamo costruiti: come è stato possibile essere arrivati fino a qui? Cosa è successo ,chi siamo diventati ? , ci domandiamo, basiti.
COSTRUIAMO, OGNI GIORNO, PASSO DOPO PASSO, LO SCENARIO OLTRE IL PROBLEMA: cosa faremo, come ci organizzeremo, come e cosa recupereremo di noi, cosa reinventeremo quando l’incubo sarà finito.
E i porcospini di Schopenhauer non si arrabbieranno più, perché avranno ritrovato, finalmente, la loro migliore posizione.
Il cuore trasformato è la sconfitta del covid-19.
Spunti bibliografici
Dottoressa Pierangela Bonardi
Psicologa Psicoterapeuta - Parma - Reggio Emilia
Dottoressa Pierangela Bonardi Parma - Reggio Emilia
declino responsabilità | privacy | cookies | codice deontologico
Dott.ssa Dott.ssa Pierangela Bonardi
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna 0907 dal 08/06/1993
Iscritta all'Albo Psicoterapeuti Emilia Romagna (03/03/1995)
Laureata in Pedagogia e Psicologia, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulente del Tribunale di Reggio Emilia
AVVISO: Le informazioni contenute in questo sito non vanno utilizzate come strumento di autodiagnosi o di automedicazione. I consigli forniti via web o email vanno intesi come meri suggerimenti di comportamento. La visita psicologica tradizionale rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico.
©2023 Tutti i testi presenti su questo sito sono di proprietà della Dottoressa Pierangela Bonardi
© 2023. «powered by Psicologi Italia».
E' severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.