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Diventare figlia resiliente. “Bisogna imparare a gioire delle piccole cose per non morire dentro”

Entra nel mio studio Elena, insegnante di Scuola Primaria, ha un’aria distrutta, anche se nascosta da un dolce sorriso...è come se volesse tenersi insieme, ma i pezzi sono troppi e allora cadono... lei li raccoglie, li raccoglie…ma più li raccoglie, più le cadono.

Mi presenta questo problema: un passato di figlia con una madre paziente psichiatrica, persecutoria e rifiutante

I fantasmi riemergono e bussano ogni giorno, senza tregua ... più li caccia e più tornano…

E la intrappolano in una serie infinita di domande.  Si chiede in continuazione perché è capitato, perché proprio a me, cosa avevo di sbagliato io per non farmi amare da mia madre...cerca un senso .. ma più lo cerca e meno lo trova …

Per dare sollievo a questi tormenti, mi dice “cercavo di distrarmi, di non pensarci… ma “pensare di non pensare è pensare ancora di più...” e così i pensieri tornavano, più forti e invasivi di prima…

Tentando di controllare i pensieri, di cancellare il trauma mi dice: “evito il contatto con mia madre, parlarne e vederla mi fa esplodere tanta rabbia o scappare a gambe levate” …

 È come se girassi assieme al mio aguzzino…

Cerco, con l’ascolto, di attivare una profonda comprensione della sua situazione e le propongo il “Romanzo del trauma”: raccontami tutti gli episodi, con tutte le scene, i luoghi, i gesti, le facce, le emozioni…tutti i giorni la tua storia, dal presente al passato, arricchendola di tutti i dettagli che verranno, dalla tua memoria, dalle tue sensazioni...

Quello che ti sto per chiedere è molto doloroso, potrà sembrare una tortura, ma, eseguita alla lettera, ti aiuterà a mettere il tuo passato nel passato, facendo in modo che non dilaghi più nel presente e ti libererà da incubi e sensazioni invadenti...

Scrivi tutti gli episodi che ti hanno ferito, da ora e andando a ritroso...raccontami la tua storia con tutti i particolari... sento, vedo, ascolto...e attraversa tutte le sensazioni, immagini, tutti i dettagli che riesci a darmi…sono lì…succede questo, sto sentendo questo, sto pensando questo...ogni giorno racconti la tua storia, arricchendola di tutti i dettagli che verranno, dalla tua memoria, dalle tue sensazioni, ok...sento questo pensieri…narra ogni giorno, in modo ridondante  e il più  dettagliato possibile, quello che ti è successo…

SE VUOI VENIRNE FUORI, DEVI PASSARCI NEL MEZZO (Robert Frost)

Insisto nel chiederle una narrazione quotidiana, ridondante e la più dettagliata possibile.

Eleonora ha uno strumento per esternalizzare tutti i ricordi, le immagini, i flashback che la tormentano, trasferendoli su carta, liberandosene a poco a poco, attivando un processo di distanziamento graduale dalle sensazioni di paura e di dolore che esse provocano l’abituazione a una sensazione o a un‘emozione ha come effetto quello di smorzarne l’entità.  Come il più’ squisito dei piacere può diventare un’abitudine, ciò vale anche per le sensazioni di dolore da cui si può, in virtù dello stesso meccanismo, allontanare gradualmente (Cagnoni, Milanese, 2009).

Le sensazioni escono, forti, quasi sommergendola, come il gelo che trasuda da queste parole di dolore: fa freddo fuori, ma fa freddo soprattutto dentro … è come vivere in un mare di ghiaccio che ogni giorno sale .. Pensi: quando arriverà al cuore finalmente morirò...ma non ci arriva mai e sono ancora viva …Dentro è come se qualcuno mi tagliasse in due: stare al mondo è davvero una gran fatica..

 La paura: “La paura vive con noi come un ospite indesiderato, che però si è stabilito nella nostra casa  e non ci abbandona mai, quasi fosse un altro familiare. Siede alla nostra mensa e mangia con noi, ci segue mentre camminiamo e mentre parliamo come un’ombra .  Come un angelo custode al contrario.

 Per alcuni appuntamenti mi porta i suoi scritti, dice che è un’esperienza davvero dura, ma resiste, resiste e continua, come un’ape laboriosa e instancabile. Descrivo i suoi passi , così come sono avvenuti.

 PRIMO PASSO: Un giorno mi dice che ha fatto una specie di salto, ha proprio avvertito che  una catena  che la teneva legata dentro se’ si spezzava …

 Cosa sta avvenendo? Il forte astio verso la madre si trasforma in compassione. Innanzitutto riesce a vederla, non scappa più dalla sua visione .. la  vede da lontano e riesce a vederla da tutti i lati, come una persona con le sue tante miserie, imbrigliata in un rapporto paranoico con il mondo, non diagnosticata  in tempo e, peggio ancora, non supportata da interventi efficaci.

 “Sento meno il bisogno di scrivere, mi sono liberata, la prigione ha le sbarre meno rigide, ho voglia  di uscire, di prendere aria, aria fresca, leggera, soffice, mi dice.

Prescrivo a questo punto il romanzo del trauma al bisogno, nel caso in cui  immagini dolorose  riaffiorino e abbiano bisogno di essere trascritti e archiviati.

SECONDO PASSO:  una volta consolidato il primo passo, Elena ne fa un altro. Sollecitata da me, prova a fare la galleria dei ricordi … e qualche ricordo di piccola tenerezza materna spunta, anche goffa, soffocata, ma emerge: “quando mi preparava il regalo di santa Lucia si nascondeva perché non la scoprissi.. “

Il buio non è più  totale , ci sono delle ombre e, dentro le ombre, qualche  luce, seppur fioca.

Terzo passo:  l’astio verso la madre lascia il posto a sentimenti diversi, dal dolore alla tristezza, alla “pietas”. Il dolore, fatto defluire tramite il romanzo dei disastri, non ha più quella veste aspra e rancorosa, ma è accolto, accettato, inserito in una percezione del rapporto con la madre più  articolata  e sfaccettata.

Quarto passo: il rapporto con la madre è più disteso, riesce gestirlo, senza più farsi sopraffare  da quella tempesta di sensazioni che creavano in lei il tentativo di evitamento oppure di fuga.

 Elena si è sbloccata e inserisco a questo punto un lavoro non più sul problema, ma sulla sua soluzione. Le chiedo di immaginare come si comporterebbe con sua madre, in modo diverso rispetto a quello che fa di solito, come se fosse riuscita a  riconciliarsi con lei?

Elena ritorna e mi racconta che è riuscita ad ascoltarla, a consigliarla e le ha addirittura  acquistato  un paio di pantofole al mercato .

 In Elena si sta attivando un processo di cambiamento: da figlia di sua madre a madre di sua madre, dolorosamente e anche prematuramente , ma la sensazione è proprio questa.

Quinto passo:  Elena accetta nella sua casa la presenza della madre, invitandola a cena, assieme al fratello . si sente, ora, capace di quel distacco emotivo che la sta aiutando a percepire sua madre non come un pericolo  ma una persona che ha sofferto e non ha potuto volere bene né  a se stessa, nè a lei.

Come l’arte giapponese del kintsugi, il suo vaso rotto in tanti pezzi è stato aggiustato con fili d’oro: che sono  la sua resilienza,  la sua capacità empatica, che da quel momento in poi ha sviluppato e continua a sviluppare, ha potenziato i suoi interventi di volontariato mettendoci dentro tanta passione e solidarietà verso il disagio, sfoggia il suo talento di cantante solista in  un coro con determinazione e impegno...Niente sarà più come prima.

Bisogna imparare a gioire delle piccole cose per non morire dentro“ mi dice, salutandomi.


Dottoressa Pierangela Bonardi
Psicologa Psicoterapeuta - Parma - Reggio Emilia

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Dott.ssa Dott.ssa Pierangela Bonardi
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna 0907 dal 08/06/1993
Iscritta all'Albo Psicoterapeuti Emilia Romagna (03/03/1995)
Laureata in Pedagogia e Psicologia, Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulente del Tribunale di Reggio Emilia

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